Questo è un racconto di gioventù. Siamo nei primissimi anni ’60 e all’epoca della storia dovevo avere 11 anni.
Frequentavo la prima media a Bologna in una classe mista (21 femmine e 7 maschi). Devo dire che mi trovavo a mio agio nel relazionarmi (innocentemente!) con le mie giovanissime compagne di scuola e rimasi molto dispiaciuto quando in seconda media la nostra classe mista fu abolita.
Erano gli anni iniziali della fase adolescenziale e comparivano le prime pulsioni che ti spingevano verso l’altro sesso, magari senza capire bene perché, dato che all’epoca non c’era l’educazione sentimentale/sessuale a scuola, la famiglia non rispondeva adeguatamente alle tue domande, magari rimpallandoti tra mamma e papà, gli amici più vecchi raccontavano cose non ben comprensibili, spesso dal sentore di fanfaronate e non esisteva Internet (!).
All’epoca, dato che i miei genitori lavoravano entrambi, alla fine della scuola, dopo una breve vacanza al mare, venivo spedito a casa di zii in campagna, dove trascorrevo i mesi che ci separavano dal ritorno a scuola.
In campagna ritrovavo i miei cugini, gli amici che abitavano lì vicino e altri bambini e bambine che come me venivano mandati a trascorrere un po’ di tempo dai parenti. Ormai eravamo una combriccola molto affiatata e ci divertivamo moltissimo e con pochissimo!
Vale la pena sottolineare alcuni aspetti romantici di queste vacanze.
Sotto la sorveglianza e guida di un cugino più vecchio, si andava a nu
otare in un canale che passava in zona e dove quasi tutti avevamo imparato a nuotare. Si iniziava con la “tola” , una tavola di legno usata come galleggiante, che si cercava di smettere di usare al più presto, per non passare per imbranato. Dalla “tola” deriva infatti un vecchio insulto veneto (io sono veneto!) che cita “ma và a noare con la tola”, letteralmente “vai a nuotare con la tavola” per dire ad una persona che è un incapace.
La sera dopo cena si potevano passare ore a guardare, sdraiati sull’erba, il cielo pieno di stelle e la via lattea che sembravano caderti addosso. Del resto l’inquinamento luminoso era veramente minimo. Quante e che belle le stelle cadenti! Ricordo anche che alcuni anni prima avevamo avvistato varie volte il passaggio dello Sputnik.
Altre volte ci si infilava di giorno, ma anche di notte se aiutati dalla luna piena, nel campi del granoturco già alto per andare a scovare le coltivazioni nascoste di meloni e cocomeri e rubacchiarne qualcuno. Questo non era però ben visto dal contadino che, se ci sorprendeva, erano guai ! In realtà solo qualche scapaccione.
Qualche volta dopocena si veniva mandati in missione nel paese più vicino, un paio di chilometri in bicicletta, per comprare il cocomero in ghiaccio. Il venditore, che teneva i cocomeri immersi in barre di ghiaccio, ne martellava alcuni, poi al prescelto praticava un taglio e ne estraeva un tassello piramidale che ci faceva assaggiare. Se soddisfatti, tornavamo a casa, rischiando di accopparci (mai portato un cocomero in bicicletta?), dove la famiglia ci aspettava per mangiare tutti insieme il frutto fresco, in un tavolo all’aperto sull’aia.
E che dire della ricerca per andare a trovare le uova tra la paglia quando le galline non le facevano al posto giusto, oppure per andare a scoprire i gattini appena nati che la gatta aveva partorito nascosta, credeva lei, nel fienile. Mi ero fatto un punto d’onore quello di fare amicizia con la gatta. Allora le portavo un ciotolino di latte, così che mi lasciasse accarezzare i gattini. Impresa più ardua di quanto non si creda, infatti mi rimediavo puntualmente una bella serie di graffi ma finalmente raggiungevo il mio scopo e la mamma faceva le fusa mentre io accarezzavo tra le mie mani uno dei suoi gattini…
Quante giocate alla guerra o ai cowboy in quella vastità e varietà di spazi che erano a nostra disposizione. Un po’ di tv dei ragazzi al pomeriggio con Stanlio e Ollio, Rintintin e qualche varietà o film la sera, poi si andava a letto senza lamentarci perché eravamo proprio stanchi.
Svago eccezionale quando ci portavano al cinema in paese! Vidi perfino film in bianco e nero con Tom Mix (agli inconsapevoli consiglio di spulciare Wikipedia) ripescati non so dove dal gestore del cinema.
Ma ecco la mia avventura...
Quell’anno si aggiunse alla comitiva una nuova ragazzina, Luigina, che aveva un anno meno di me. Lei era una “cittadina” perché veniva da una grande città, Torino. Ci guardava tutti dall’alto in basso e per lei Bologna era un paese del sud …
Era abbastanza carina, una morettina esile, occhi scuri e con le lentiggini, molto socievole e partecipava a tutti i nostri giochi.
Sarà stata l’aria esotica o nobile che emanava venendo da Torino, oppure perché rappresentava una novità, fatto sta che mi presi una cotta. Contestualizziamo la “cotta”. Si andava dalla ragazzina di turno e le si diceva : sai che mi piaci ? Io ti piaccio? Se la risposta era sì, la cosa era fatta. Ci si scambiava qualche castissimo bacio sulla bocca e potevi andare in giro a dire che lei era la tua ragazza, almeno per quella stagione. Se la risposta era no, riprovavi con un’altra...
Decisi di farmi avanti, però creando l’atmosfera giusta. Di notte, alla sola luce della luna, in un giardino, la mandai a chiamare da suo cugino che la ospitava e lei venne all’appuntamento. Ci trovammo inginocchiati uno di fronte all’altra. Presi il coraggio a due mani e le dissi che lei mi piaceva, poi le chiesi se anch’io le piacessi e lei disse sì !!!
A quel punto spinto da non so nemmeno io cosa, l’afferrai per le spalle, l’attirai a me e le stampai un innocentissimo ma deciso bacio sulle labbra con tanto di schiocco!… lei rimase stupita e dopo alcuni instanti, quasi sconvolta si alzò e scappò via urlando “mio Dio adesso sono incinta !!!”. Penso che se qualcuno mi avesse visto in faccia in quel momento avrebbe avuto la certezza che fossi ebete.
Dopo un po’ mi ripresi e cercai di capire che razza di idee avesse in testa la ragazza. Per quanto poco fossi preparato in materia, avevo la certezza che per fare i bambini non bastasse baciarsi…
I giorni che seguirono la evitai il più possibile e altrettanto fece lei. Ci guardavamo di lontano sottecchi, senza parlarci, complici consapevoli del tremendo segreto che ci avrebbe legato per sempre.
Ovviamente non diventai padre prematuramente e anche lei fu tranquillizzata parlando con le sue amiche del cuore che comunque, per un po’, continuarono a guardarmi come se fossi un orco o un bandito.
Luigina non tornò più gli anni seguenti a fare le vacanze in campagna, seppi da suo cugino che aveva cambiato città e si era allontanata molto da Torino. Dopo aver pensato per un attimo di essere stato io la causa di tutto ciò, fui assalito dai rimorsi … che si dileguarono in un attimo appena sentii chiamare “pallaaaa!” e corsi a giocare con gli amici.
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