AUGURI!
Once upon a time ... (c'era una volta)
Racconto qui un po' delle mie vicende professionali e di vita più curiose. Sono storie caratterizzate dall'originalità oppure dalla chiave di lettura professionale. Tutte però sono frutto di esperienze dirette. Ne propongo una in homepage, che può essere quella appena pubblicata o, a rotazione, una delle altre. Sono tutte raccolte nei menù a fianco (o in fondo se usate lo smartphone), quindi scegliete, leggete e magari divertitevi.
Poi andando su Menù Generale avrete accesso a tutti gli altri contenuti del sito: Curiosità per sorridere un po' e con alcuni VIDEO d'epoca, Pillole che sono contributi di professionisti, Le mie interviste tra cui quella al prof. Philippe Daverio, Impegno sociale, un ricordo di Michelangelo Manini
Cimosa e gessetti (ovvero il trauma dell'aula)
Chi mi ha conosciuto in ambito lavorativo sa che ho una certa attitudine al parlare in pubblico. Non sono affetto dal panico della platea numerosa, parlo senza intercalare “ehhh” tra una frase e l’altra e mi esprimo con una decorosa proprietà della lingua italiana, a parte un innegabile accento bolognese. Tutto questo non è innato o dovuto al patrimonio genetico ma, come molte cose nella vita, frutto di alcune esperienze molto significative.
La prima e più importante accadde nel 1975.
A luglio mi ero laureato in ingegneria e in autunno, appena finito il servizio militare, ottenni una borsa di studio come ricercatore del CNR presso l’Istituto di Fisica Tecnica della Facoltà di Ingegneria, per una ricerca sulla termodinamica applicata agli impianti tecnici civili. Va detto che a quei tempi i ricercatori CNR erano l’ultima ruota del carro nel panorama di Baroni, Professori, Associati, Incaricati e Tecnici. Dato che le assunzioni e i passaggi di ruolo erano bloccati, avere i ricercatori faceva comodo. Infatti, dopo i primi mesi di attività di ricerca, a me e ad altri due colleghi ricercatori, fu chiesto di partecipare più attivamente alla vita d’Istituto. In pratica: "vi state sollazzando con la ricerca ma è ora che vi rimbocchiate le maniche e diate una mano collaborando agli esami e alle esercitazioni dei vari professori".
Per quanto riguardava gli esami non era un problema, sono le situazioni dove ci si prepara per tempo una serie di domande chiave e qualche esercizio ad integrazione dell’esame. Inoltre parti avvantaggiato perché per gli studenti, spesso coetanei se non più vecchi, sei un “professore” quindi sono loro ad avere soggezione o timore di te.
Diverso il discorso delle esercitazioni. In sostanza erano momenti dove veniva approfondito o integrato, in chiave sia teorica che pratica, qualche particolare tema trattato durante le lezioni.
Fu così che a me e ad un altro borsista, che chiamerò GG, fu richiesto di tenere delle esercitazioni sulla fluidodinamica. Dato che allora, per ottimizzare le risorse, venivano accorpati più corsi di laurea di Ingegneria (civile, elettronica, informatica …), le esercitazioni si svolgevano in aule ad anfiteatro stracolme di studenti!
Il (suo) primo bacio
Questo è un racconto di gioventù. Siamo nei primissimi anni ’60 e all’epoca della storia dovevo avere 11 anni.
Frequentavo la prima media a Bologna in una classe mista (21 femmine e 7 maschi). Devo dire che mi trovavo a mio agio nel relazionarmi (innocentemente!) con le mie giovanissime compagne di scuola e rimasi molto dispiaciuto quando in seconda media la nostra classe mista fu abolita.
Erano gli anni iniziali della fase adolescenziale e comparivano le prime pulsioni che ti spingevano verso l’altro sesso, magari senza capire bene perché, dato che all’epoca non c’era l’educazione sentimentale/sessuale a scuola, la famiglia non rispondeva adeguatamente alle tue domande, magari rimpallandoti tra mamma e papà, gli amici più vecchi raccontavano cose non ben comprensibili, spesso dal sentore di fanfaronate e non esisteva Internet (!).
All’epoca, dato che i miei genitori lavoravano entrambi, alla fine della scuola, dopo una breve vacanza al mare, venivo spedito a casa di zii in campagna, dove trascorrevo i mesi che ci separavano dal ritorno a scuola.
In campagna ritrovavo i miei cugini, gli amici che abitavano lì vicino e altri bambini e bambine che come me venivano mandati a trascorrere un po’ di tempo dai parenti. Ormai eravamo una combriccola molto affiatata e ci divertivamo moltissimo e con pochissimo!
Vale la pena sottolineare alcuni aspetti romantici di queste vacanze.
Sotto la sorveglianza e guida di un cugino più vecchio, si andava a nu
otare in un canale che passava in zona e dove quasi tutti avevamo imparato a nuotare. Si iniziava con la “tola” , una tavola di legno usata come galleggiante, che si cercava di smettere di usare al più presto, per non passare per imbranato. Dalla “tola” deriva infatti un vecchio insulto veneto (io sono veneto!) che cita “ma và a noare con la tola”, letteralmente “vai a nuotare con la tavola” per dire ad una persona che è un incapace.
La sera dopo cena si potevano passare ore a guardare, sdraiati sull’erba, il cielo pieno di stelle e la via lattea che sembravano caderti addosso. Del resto l’inquinamento luminoso era veramente minimo. Quante e che belle le stelle cadenti! Ricordo anche che alcuni anni prima avevamo avvistato varie volte il passaggio dello Sputnik.
Altre volte ci si infilava di giorno, ma anche di notte se aiutati dalla luna piena, nel campi del granoturco già alto per andare a scovare le coltivazioni nascoste di meloni e cocomeri e rubacchiarne qualcuno. Questo non era però ben visto dal contadino che, se ci sorprendeva, erano guai ! In realtà solo qualche scapaccione.
Qualche volta dopocena si veniva mandati in missione nel paese più vicino, un paio di chilometri in bicicletta, per comprare il cocomero in ghiaccio. Il venditore, che teneva i cocomeri immersi in barre di ghiaccio, ne martellava alcuni, poi al prescelto praticava un taglio e ne estraeva un tassello piramidale che ci faceva assaggiare. Se soddisfatti, tornavamo a casa, rischiando di accopparci (mai portato un cocomero in bicicletta?), dove la famiglia ci aspettava per mangiare tutti insieme il frutto fresco, in un tavolo all’aperto sull’aia.
E che dire della ricerca per andare a trovare le uova tra la paglia quando le galline non le facevano al posto giusto, oppure per andare a scoprire i gattini appena nati che la gatta aveva partorito nascosta, credeva lei, nel fienile. Mi ero fatto un punto d’onore quello di fare amicizia con la gatta. Allora le portavo un ciotolino di latte, così che mi lasciasse accarezzare i gattini. Impresa più ardua di quanto non si creda, infatti mi rimediavo puntualmente una bella serie di graffi ma finalmente raggiungevo il mio scopo e la mamma faceva le fusa mentre io accarezzavo tra le mie mani uno dei suoi gattini…
Quante giocate alla guerra o ai cowboy in quella vastità e varietà di spazi che erano a nostra disposizione. Un po’ di tv dei ragazzi al pomeriggio con Stanlio e Ollio, Rintintin e qualche varietà o film la sera, poi si andava a letto senza lamentarci perché eravamo proprio stanchi.
Svago eccezionale quando ci portavano al cinema in paese! Vidi perfino film in bianco e nero con Tom Mix (agli inconsapevoli consiglio di spulciare Wikipedia) ripescati non so dove dal gestore del cinema.
Ma ecco la mia avventura...